Cari amici lettori, oggi ho l’onore di poter intervistare Gabriele Montera, un uomo molto conosciuto per la sua opera filantropica: nato in Calabria a Corigliano Calabro, classe 1975 e fondatore della onlus, oggi ente terzo settore, “Unalottaxlavita”.
Gabriele questo ente no profit nasce in seguito a uno spiacevole caso di malasanità successo in Calabria che sfortunatamente ha coinvolto tua figlia Giulia, alla nascita e quindi bisognosa di cura e attenzioni per la sua disabilità; ma che ha la fortuna di avere un papà che, come un leone, sa lottare per il suo bene in primis e poi anche per le tante vittime di mala sanità, esseri infelici che, nelle sue stesse condizioni della sua principessa non hanno praticamente nessuno che pensi a loro.
Capisco che questi sono ricordi dolorosi. Ma ci puoi raccontare cosa accadde esattamente quel lontano e infausto giorno?
Unalottaxlavita, appunto nasce sull’ onda del caso di mala sanità che ha colpito mia figlia Giulia; nasce come una onlus e per poi diventare ente del terzo settore. Quel momento è stato molto difficile in quanto vi era una realtà a cui io e mia moglie non eravamo assolutamente preparati ad affrontare e cosi al momento della nascita di nostra figlia, ci è crollato letteralmente il mondo addosso quando abbiamo appreso che è nata cerebro lesa causa un citomegalovirus non diagnosticate in gravidanza. Per poi scoprire, tra le tante negligenze e imperizie, che Giulia era stata fatta nascere prematura, avevano scambiato la date del presunto parto con quella di nascita di mia moglie, e soprattutto avevano riservato per la mia principessa al parto un trattamento conseguenziale a esiti ischemico anossici
Veramente allucinante. Quando e come hai capito che era giunto per te il momento di scendere in campo e che potevi fare qualcosa non solo per la tua bambina, ma anche per molti altri?
Innanzitutto io all’ indomani della nascita di mia figlia mi sono dimesso da tutte le cariche politiche che ricoprivo perché mi hanno detto che se volevo denunciare penalmente i medici, e chi aveva ridotto mia figlia in quello stato, dovevo lasciare la politica. Gli ospedali sono pozzi di voti e poi ho lasciato anche il mio lavoro, ero manager di moda spettacolo e animazione. Avevo deciso di esistere solo per mia figlia, trasformando la sua disgrazia in una mia missione. Frequentando l’ospedale Bambin Gesù di Roma, il Gaslini di Genova e il Carlo Besta di Milano abbiamo conosciuto un’altra realtà, quella dell’abbandono di bambini disabili come la nostra Giulia. Parlavamo, nelle corsie e nelle lunghe attese in sala per gli esami, con genitori di bambini abbandonati al proprio destino, senza più voglia né di vivere né di combattere. Nessuno ascoltava quel grido silenzioso di aiuto. Così abbiamo avuto modo di interagire con altre famiglie che purtroppo erano come noi abbandonate a sé stesse. Impantanate all’interno di burocrazie e di inadempienze dovute a un sistema che non funziona allora, e non funziona ancora oggi. Abbiamo avuto tanto da ascoltare e tanto da riflettere, Giulia per i primi tre anni di vita ha vissuto solo in ospedale e non ha visto mai casa.
È dura per te portare avanti questa lotta per la vita, giorno dopo giorno?
Molto dura, perché ti scontri con i mulini a vento, non vieni aiutano dallo Stato in nessun modo. Inoltre ti ritrovi in un sistema sanitario dove non contano le cure e l’amore dovuto a questi piccoli pazienti, ma contano piuttosto le poltrone da ricoprire e riscaldare, i conti da far tornare tagliando badge a discapito dei più bisognosi e non ultimo la poca professionalità di una rete territoriale di assistenza che spesso fa’ acqua grazie a dei piani vecchi e non conformi alle necessità di oggi
Tu sei nativo della Calabria. Come mai hai scelto la nostra Sicilia come regione da abitare?
Perché purtroppo li non ci sono le strutture sanitarie adatte per prestare le cure indispensabili per mia figlia. Così ho deciso di cambiare regione, anche a scapito della mia storia e delle mie origini. Potevo curare mia figlia nel Lazio o in Sicilia, Questi i centri più vicini ad alta specializzazione per le particolari patologie di cui mia figlia è affetta. Il centro più vicino che ho scelto è a Palermo, anche perché ho sposato una palermitana. Una scelta di cui mi trovo pienamente soddisfatto. Ho trovato un’amministrazione comunale a guida Lagalla e un assessorato a guida Pennino che sono molto vicino al sociale e ai problemi dei diversamente abili. E poi un’ottima assistenza domiciliare e dei magici operatori. Tra tanti problemi, che comunque ci sono, abbiamo eccellenze a Palermo di primo libello come ad esempio l’unità operativa di anestesia e rianimazione del Di Cristina e l’unità di terapia intensiva respiratoria dell’Ospedale Civico.
Adesso la domanda spinosa. Ritieni che l’intervento dello Stato Italiano è sufficiente, grazie anche a te e a persone come te, oppure potrebbe e naturalmente dovrebbe fare di più? Affinché possiamo finalmente dire di vivere in un paese civile?
Lo Stato per questi bambini è praticamente assente. Le famiglie sono abbandonate al proprio destino e i bambini affetti da malattie rare sono considerati solo un numero
AHI!!!
Basta ricordare che l’Italia non fa parte della Carta dei diritti europei dell’ammalato.
Mizzica e poi diciamo “siamo parte dell’Europa”.
Ha un sistema a sé, rimasto agli anni 50. Non so se l’Africa sta meglio o peggio di noi. La differenza è che ai nostri politici conviene nascondere questa vergogna.
Capisco. Si potrebbe fare di più perché questa situazione deplorevole muti?
Si, lo stiamo facendo nella speranza di aprire un centro di riabilitazione pediatrica a carattere semi intensivo che purtroppo manca in una città come Palermo e nella sua provincia. Una struttura basilare, perché solo a Palermo abbiamo 340 piccoli pazienti che ne necessitano. Questi bambini come Giulia spesso hanno bisogno di cure particolari che non possono fare in reparti di rianimazione perché non hanno i valori vitali compromessi ma non possono fare neanche in un normale reparto di pediatria perché spesso sono in ventilo terapia e in ossigeno terapia h24. Parliamo di bambini che sono quasi tutti portatori di tracheostomia.
Avete già individuato la struttura adatta per far nascere questa struttura?
Stiamo partecipando a un bando comunale per aggiudicarci un bene confiscato alla Mafia. E comunque stiamo organizzando per il 17 e 18 maggio a Palermo, presso il Cine Teatro “De Seta”, in via Paolo Gili 4, ai cantieri culturali della Zisa, un grosso convegno formativo a carattere nazionale dove, appunto, presenteremo il nostro progetto per il “Giulia Hospital Centre”.
Certo che è triste parlare di questo argomento Gabriele, purtroppo certe cose vanno dette. E io ti ho fatto più domande di quelle che faccio di solito
A volte non ho la forza di andare avanti ma poi guardo negli occhi mia figlia e capisco che non posso fermarmi. Devo riuscire, un giorno, a farmi chiamare papà.
Non devi mollare Gabriele. Pensa che troppi piccolini dipendono dal tuo impegno, piuttosto fatti affiancare da volenterosi in questa lotta che non si può perdere. Adesso ti saluto e spero di seguire ancora il tuo nobile progetto.
Ti prometto che continuerò, insieme ai soci del mio ente no profit, la mia, la nostra lotta per la vita. Grazie.
Grazie a te a i tuoi soci.
MARIA LUPICA






