Il motivo più melodioso che si possa ascoltare è quello nascosto dietro alle parole. Quello ostativo è quello che impedisce a colui che sente di ascoltare e osservare l’altro e i suoi problemi
Se uno il problema non ce l’ha, non significa che non esista. Se per l’altro si tratta di un problema allora bisogna rispettarlo e trattarlo come tale, cercando di capire come mai e se esiste una soluzione razionale che possa ridurre non la persona ma cambiare l’entità della questione
Oltre che per l’italiano sgrammaticato e scorretto ciò che deturpa l’udito e fa rabbrividire è l’uso dei luoghi comuni. Sono modi di dire dettati dalla superficialità e pochezza cognitiva e culturale e dai pregiudizi: per es., “ma che sei pazzo?” o quello di cui parleremo oggi “Non ce n’è motivo!”. Le cose dette da più persone e per un ampio periodo di tempo praticamente fanno moda e tendenza, per quanto siano inesatte e irrispettose. Da maleducati, insomma, o educati alla corrività.
Il motivo più melodioso che si possa ascoltare è quello nascosto dietro alle parole. Quello ostativo è quello che impedisce a colui che sente di ascoltare e osservare l’altro.
Esistono molte ragioni dietro un comportamento, una risposta o una espressione umana. Sia che si parli della persona oggetto di minimizzazione sia che si ponga in esame il “facilone”, entrambi sono motivati. Le ragioni del “soggetto sminuito” possono essere di ordine pratico, morale, razionale, emotivo, cautelativo, quindi, a scopo difensivo, possono essere limiti legati alla propria educazione e possono essere più o meno rigide e smontabili. Se si tratta di un individuo assertivo e resiliente le ragioni sono prevalentemente legate al buon senso e alla risoluzione di una questione. Se si tratta di un individuo emotivo non saranno di ordine logico-intellettivo ma sono sempre e comunque delle giustificazioni degne di rispetto. Tutto ciò che un individuo dice e fa è il risultato della somma di una pluralità di fattori intervenienti fra cui l’ambiente di riferimento, le risorse possedute, il livello cognitivo raggiunto, la propria sensibilità, etc. Ci possono anche essere variabili occasionali come un malessere momentaneo, nervosismo, perdita cospicua di potere economico, antipatia, etc. Per non parlare del fatto che è una reazione a una azione dell’altro il cui solo atteggiamento contiene un’altra serie illimitata di valori psicologici e non.
Il soggetto che io ho qui chiamato “facilone” è prevalentemente sorretto da un corredo cognitivo ed emotivo incompleto come un aggiornamento software non riuscito ma che non lascia possibilità di ripristino sistema. Una grossa seccatura essere circondati da elementi di questo genere. Da un lato, è una passeggiata, tutto “easy” e solare. Dall’altro, i soggetti che minimizzano nascondono un terribile lato oscuro e infide motivazioni. Si tratta di distorsioni cognitive, mancanza di rispetto e considerazione non solo dell’altro ma di gravi problematiche. Il concetto è che se anche il guaio lui non lo vede, esso lo è per l’altro. Se lui il problema non ce l’ha, non significa che non esista. Se per l’altro si tratta di una difficoltà insormontabile allora bisogna rispettarlo e trattarla come tale, cercando di capire come mai e se esiste una soluzione razionale che possa ridurre non la persona ma l’entità della situazione.
La distonia sta nell’eccesso in un senso o nell’altro, equivale a rispondere in modo inappropriato agli eventi e alle persone. È sbagliato assumere comportamenti rigidi senza una ragione valida e, parallelamente, comportarsi in maniera frivola di fronte a una situazione che necessiterebbe serietà, profondità ed empatia.
In entrambi i casi patologici, gli individui non sono in grado di costruire relazioni sane, funzionali, gratificanti, aperte all’ascolto e all’osservazione, attenti ai bisogni propri e dell’altro, nel medesimo tempo. Quando la componente interpersonale risulta compromessa si ha una limitata o alterata capacità di intimità e di attaccamento. In altre parole, non si ha una sufficiente capacità di comportarsi in modo prosociale, cooperativo e altruistico. Sono individui, spesso, inconsapevoli del fatto che i loro pensieri e motivi tipici sono disfunzionali e attribuiscono all’esterno la responsabilità dei loro problemi. Per es., il passivo dà le colpe al facilone anche se non è stato obiettivamente razionale e viceversa l’altro accusa il rigido di esagerazione anche se il grattacapo è reale.
“Non ce n’è motivo!”, diventa anche un modo per ridicolizzare e sminuire l’intelletto dell’altro, probabilmente, perché si soffre inconsapevolmente di invidia, perciò si è trovato, finalmente, un modo per soddisfare il lato macabro da narcisisti paranoici patologici del cazzo. Così come per bon ton non si dovrebbe dire “Non hai capito!” ma si dice “Non ho capito, mi dispiace, potresti spiegarmi nuovamente”, anche in questo caso si dovrebbe dire “Avrai certamente le tue buone ragioni, non posso metterle in discussione, se per te ci sono saranno certamente valide!”.
In quest’ottica, chi viola queste regole di buona educazione: non è stato bene educato, non ha recepito in modo corretto le nozioni civiche ereditate, proviene da un ambiente socioeconomico non elevato, non possiede pattern cognitivi, emotivi, affettivi equilibrati, non lo definirei un “libero nobile”, se mi seguite anche su IlSicilia.it, è una macchina rotta. Se un essere umano simile per questioni di poco conto utilizza l’identificazione proiettiva e difese paranoidi, certamente anche in altri contesti e situazioni più critiche reagirebbe con estrema superficialità e scortesia oltre che con atti loschi e torvi.
Non c’è motivo che non possa suonare se tu vuoi che io segua il ritmo. Non c’è motivo che non possa ascoltare se io so chi sono per te.